Dalle cosmicomiche ...

Fin dai primi anni ’60, l’Italo ardito (Calvino più che Mai) ha provato a scrivere racconti imparentati con la scienza. In particolare (ma non solo) con quelle che Calvino stesso aveva battezzato cosmicomiche.
Nelle Cosmicomiche, il punto di partenza è un enunciato tratto dal discorso scientifico: il gioco autonomo delle immagini visuali deve nascere da questo enunciato,” ci spiega Calvino, “Anche leggendo il più tecnico libro scientifico o il più astratto libro di filosofia si può incontrare una frase che inaspettatamente fa da stimolo alla fantasia figurale (…) ne può scaturire uno sviluppo fantastico tanto nello spirito del testo di partenza quanto in una direzione completamente diversa.

Il termine cosmicomiche deriva dalla giustapposizione di due termini: cosmico e comico. Cosmico evoca l'assoluto, non necessariamente astronomico: qualcosa in grado di avere la grandezza del mito. Comico, invece, non si riferisce al genere letterario, ma deriva dall’inglese comics, che indica la striscia di vignette.
A prima vista può sembrare un genere imparentato con la fantascienza (Science Fiction), ma “il procedimento delle cosmicomiche,” prosegue Calvino, “non è quello della Science Fiction (cioè quello classico - e che pure molto apprezzo - di Jules Verne e H. G. Wells). Le cosmicomiche hanno dietro di sé soprattutto Leopardi, i comics di Popeye (Braccio di Ferro)”.

A ogni secolo e a ogni rivoluzione del pensiero,” conclude Calvino, “sono la scienza e la filosofia che rimodellano la dimensione mitica della immaginazione, cioè il fondamentale rapporto tra gli uomini e le cose”. Può darsi. Ma allora perché il mondo non è pieno di poeti che cantano la meccanica quantistica?


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