Osservatorio Astronomico di Brera
Ricognizione del patrimonio storico moderno
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Pietro Broglia
Sensitometri fotografici all'Osservatorio Astronomico di Brera

L'impiego di materiale fotografico, lastre o pellicole, in misure quantitative richiede la conoscenza della sua curva di calibrazione, ossia della relazione tra l'esposizione E alla radiazione incidente (E=illuminamento per unità di tempo) e l'annerimento prodotto sull'emulsione. La curva dipende da vari fattori: il processo di fabbricazione dell'emulsione (ignoto all'utente), la zona spettrale in cui si opera, le modalità di ripresa e di sviluppo della fotografia.

È pertanto necessario determinare sperimentalmente la curva, il che viene solitamente fatto con un apparecchio, il sensitometro. Si impressiona una parte della lastra sulla quale è fotografato l'oggetto celeste, con modalità simili a quelle della ripresa di questo al fine di evitare errori sistematici quali quelli dovuti all'effetto di reciprocità o di intermittenza. Determinata poi la trasparenza del sensitogramma con un microfotometro, si ottiene la curva caratteristica per una data zona spettrale riportando la trasparenza T oppure la densità fotografica D = log(1/T) in funzione di log E, dove E è l'esposizione al sensitometro, conosciuta a meno di una costante.

La prima ricerca spettroscopica intrapresa a Merate poco dopo l'acquisizione e lo studio dello spettrografo Z2 è la classificazione di 400 stelle dei tipi spettrali A ed F eseguita da Cecchini e da Pacella. Per misurare le larghezze delle righe H e K, sul cui rapporto si basa principalmente la classificazione, è utilizzato il misuratore micrometrico di Troughton e Simms, ora perduto. In luogo della stima, soggettiva, della larghezza delle righe viene dunque utilizzato un metodo quantitativo, anche se approssimato.

Un procedimento analogo è seguito negli stessi anni ad Arcetri nello studio intrapreso da G. Abetti e G. Tiercy sulle variazioni dell'intensità delle righe spettrali di alcune cefeidi lungo il loro ciclo di variazione luminosa. Nel 1935 il Tiercy utilizza questi risultati sperimentali per costruire un modello dinamico delle atmosfere stellari. Di questo egli parla nel suo trattato sull'equilibrio radiativo delle stelle (1935), un classico dell'astrofisica teorica, coevo ai noti trattati di Eddington e di Unsold. Del mancato soggiorno del Tiercy a Merate accenno in altra sede.

Nelle prime ricerche spettrografiche le lastre non sono calibrate. In seguito, per ottenere misure quantitative, la calibrazione di lastre o di pellicole diviene una prassi usuale. A tal fine nella spettrofotometria della Nova Her 1934 Cecchini e Gratton prendono su ogni lastra una serie di spettri di una stella con gli stessi tempi di esposizioni della Nova, variando progressivamente l'apertura utile dello specchio dello Zeiss. Poiché in questo modo sono interessate zone diverse delle ottiche dello spettrografo e del telescopio, è necessaria una taratura supplementare del metodo utilizzato. A quella data l'Osservatorio non dispone ancora di uno spettrosensitometro, mentre è già in avanzata costruzione il microfotometro Vocca (vedi scheda 60).

Negli anni successivi, in relazione alle diverse necessità della fotometria fotografica, sono via via adottati altri procedimenti di calibrazione e costruiti gli strumenti sotto descritti.

  1. Nello studio spettrofotometrico della Nova 1934 G. Cecchini e L. Gratton fotografano su ogni lastra lo spettro di una stella brillante e quelli delle immagini di diffrazione (centrale e del primo ordine) della stessa stella prodotti da un reticolo anteposto allo specchio principale del telescopio Zeiss e opportunamente orientato. Il reticolo, lo stesso utilizzato per le misure di stelle doppie, è formato da barre metalliche di 4 mm di diametro spaziate tra loro di un eguale importo (un reticolo simile è descritto alla scheda 51). Si hanno in tal modo gli spettri delle immagini del primo ordine, più deboli di un fattore 0.42 della immagine centrale; questa a sua volta è quattro volte più debole dell'immagine ottenuta senza il reticolo.
    Si preferisce in seguito calibrare le lastre utilizzando un metodo meno brigoso e che non interferisce col lavoro notturno, fotografando lo spettro del cielo diurno dopo aver posto innanzi alla fenditura dello spettrografo un filtro fotografico (esistente) con 7 gradini di densità, opportunamente calibrato in laboratorio per le diverse lunghezze d'onda [si tratta verosimilmente del vetrino rettangolare con aree di densità ottica crescente indicato con la sigla A1 nella scheda 368].
  2. Nella fotometria fotografica dell'eclisse totale di Luna ottenute al cannocchiale di guida dello Zeiss in tre zone spettrali attorno a 4700, 5600 e 7050 Å, G. Cecchini adatta a calibratore lo spettrografo Zeiss. Sostituendo alla fenditura un raster, ossia una serie di finestrelle di differenti aperture, ottiene undici spettri affiancati che coprono un intervallo d'intensità luminosa di 2.90 magnitudini.
  3. Spettrosensitometro tipo Hirsch e Schon (a diaframma esponenziale). Nello studio della Nova T Cr Borealis 1936 L. Gratton e E. Kruger adattano a spettrosensitometro un piccolo spettrografo avente come elemento dispersivo una copia di un reticolo di Rowland. Tra la fenditura ed il collimatore è inserito un diaframma col bordo normale alla fenditura. Il diaframma è posto a una distanza tale che la luce uscente da parti diverse della fenditura interessa zone diverse del collimatore. Su questo è piazzato un diaframma a doppio profilo esponenziale col suo asse di simmetria parallelo alla fenditura. Questo dispositivo dà luogo ad una variazione logaritmica nell'illuminamento E dello spettro lungo una direzione normale alla dispersione. Essendo log E funzione lineare della distanza misurata lungo tale direzione, il tracciato microfotometrico lungo la stessa direzione fornisce direttamente la relazione tra la trasparenza della lastra e log E.
    La taratura dello strumento è fatta utilizzando due cunei fotometrici della Zeiss, ancora esistenti [probabilmente di tratta dei due cunei descritti alla scheda 373].
  4. Spettrosensitometro tipo Hirsch e Schon (a diaframma quadrato). Si basa sullo stesso principio del precedente strumento. Come collimatore ed elemento disperdente è utilizzata la camera prismatica di Schaer (ora sita nell'Esposizione di Brera). All'obiettivo di camera è applicato un diaframma quadrato, con due lati paralleli alla fenditura. Questo arrangiamento produce una variazione lineare dell'illuminamento nella direzione normale alla dispersione.
    Ad evitare effetti di intermittenza la luce che illumina il diffusore ad ossido di magnesio posto innanzi alla fenditura può essere modulata in modo simile a quello seguito nella ripresa di uno spettro stellare. L'intensità della luce è controllata da un fotometro in modo che è possibile il confronto tra diversi tipi di materiale fotografico.
  5. Calibratore a tubicini per la fotometria fotografica a larga banda. Una doppia serie di 12 piccoli fori circolari con diametri compresi tra 4 e 0.4 mm ricavati su una piastra metallica di 6 x 7 cm è illuminata uniformemente dalla luce diffusa da un blocco di ossido di magnesio. La luce trasmessa da ogni forellino è dunque proporzionale alla corrispondente area; l'intera serie abbraccia un intervallo negli illuminamenti pari a 100. Ogni apertura è isolata dalle altre da un cilindretto o tubicino lungo 11 cm che termina all'altra estremità con un secondo foro, ricavato su una piastra parallela alla precedente. Tutti i fori di questa seconda piastra hanno eguale diametro, di 4 mm. Questa parte del sensitometro fu costruita dalla Ditta Koritska in due esemplari, tuttora esistenti. La pellicola fotografica da calibrare è posta a contatto con la seconda piastra e su di essa appaiono 24 dischetti di pari diametro i cui annerimenti sono prodotti da illuminamenti che stanno tra loro in rapporti noti.
    Il sensitometro è utilizzato da Fracassini e Pasinetti in un programma di osservazioni fotografiche della luce zodiacale ottenute lungo un ciclo di attività solare. Le osservazioni sono eseguite all'Osservatorio di Loiano utilizzando una camera Canon 7 con apertura f/1.2 [descritta alla scheda 38] allo scopo di porre in evidenza possibili correlazioni delle variazioni di brillanza e della elongazione della luce zodiacale con l'attività solare e con l'apporto di materia cometaria.
  6. Poiché lo strumento descritto in d. fornisce sensitogrammi di dimensioni ridotte e sui sensitogrammi è presente luce diffusa, Broglia e Guerrero adattano a sensitometro lo spettrografo Z1. Nella combinazione a la camera lunga si ottengono spettri con una dispersione doppia di quella ottenuta in d. L'intensità nel senso normale alla dispersione è modulata anteponendo alla fenditura un disco velocemente rotante, fresato per settori di ampiezza decrescente a partire dal bordo. Si ottiene uno spettro con dodici gradini di illuminamento, proporzionali all'ampiezza angolare dei settori liberi, che copre un intervallo in densità di 1.9.
    Una causa delle differenze sistematiche nella misura di larghezze equivalemti di righe spettrali fatte da vari autori è ascrivibile alla mancanza di un accurato controllo dei sensitometri utilizzati nella calibrazione del materiale fotografico (come si legge nel Draft Report of I.A.U. del 1967, p. 639). In accordo a questa esigenza viene eseguita la calibrazione sia di questo strumento che del sensitometro d., al quale sono inoltre apportate alcune modifiche, effettuando scansioni in varie zone spettrali con un fotometro fotoelettrico posto nel piano focale dello strumento e mosso normalmente alla dispersione tramite una vite micrometrica.

Riferimenti: