Osservatorio Astronomico di Brera
Ricognizione del patrimonio storico moderno
Documenti

Pietro Broglia
Cronografi registratori all'Osservatorio Astronomico di Brera

L'esigenza di acquisire dati in modo automatico è da sempre avvertita nell'Osservatorio milanese ove nella prima metà dell'Ottocento in aggiunta alle osservazioni astronomiche e meteorologiche si iniziarono misure di magnetismo terrestre. Attesta inoltre Carlini che all'Istituto Lombardo esiste un modello operativo di registratore e che all'Istituto di Fisica di Pavia è in funzione uno strumento per registrare le osservazioni meteorologiche.

In seguito lo sviluppo delle reti telegrafiche offre nuove possibilità alle misure astro-geodetiche e stimola i primi tentativi di utilizzare i nuovi ritrovati tecnologici. Verso la metà dell'ottocento G.B. Airy, direttore dell'Osservatorio di Greenwich, spinto anche dalla sua inclinazione e competenza nella tecnologia, rinnova la strumentazione del suo Istituto. Chiedendo al suo collega di Vienna C.L. Littrow di partecipare ad una determinazione di longitudine, Airy propone di utilizzare il telegrafo per il confronto dei tempi locali registrando in modo automatico i tempi dei passaggi stellari grazie a uno strumento già operativo a Greenwich. Uno strumento simile è già utilizzato da Lamont a Monaco e da Encke a Berlino [A.O.B. C138, 21.4.1854].

La proposta di Airy viene fatta propria dal Governo di Vienna, che tramite la I.R. Luogotenenza di Milano chiede agli astronomi di Brera di esprimere il loro parere al riguardo. Inizia così uno scambio di lettere, circa una decina, dalle quali traspare la difficile situazione in cui anche la Specola di Brera vive dopo gli avvenimenti del '48. Fino alla seconda guerra d'indipendenza il Lombardo-Veneto è infatti sottoposto a un regime militare, salvo la breve parentesi della Luogoteneza di Massimiliano d'Asburgo. All'attenta polizia austriaca è poi ben nota, oltre alla fuga del Mossotti nel '23, l'attiva partecipazion del personale dell'Osservatorio alle Cinque Giornate.

Nella lettera, intitolata Costo del viaggio e dell'apparecchio americano che Littrow vorrebbe introdurre negli Osservatori della Monarchia, Carlini scrive che, come il collega Santini di Padova, non ha una conoscenza diretta dello strumento, pur avendo letto qualche notizia nei giornali. Si tratta, continua il Carlini, di una specie di telegrafo elettromagnetico e di un congegno rotatorio simile a quelli utilizzati in alcuni osservatori meteorologici per registrare l'altezza del barometro e la temperatura senza il concorso dell'osservatore. Lo scritto termina con una stima approssimata della somma necessaria per l'acquisto dello strumento e per una sua visita a Berlino ed a Monaco per rendersi conto di persona delle sue effettive possibilità [C74, 17.9.1854].

Carlini, che ormai da molti anni invano chiede al Governo fondi per rendere finalmente operativo il telescopio d'Amici ed è pertanto scettico di fronte a questo apparente interesse dell'autorità locale per la Specola, richiede in seguito un finanziamento straordinario per l'acquisto dell'apparecchio. Dovendo incontrare a Vienna il collega Littrow, propone di informarsi se al Politecnico di quella città sia possibile «costruire questa specie di telegrafo elettromagnetico con quella perfezione, con cui pare sia stato eseguito dagli industriosi artefici Americani», evitando così di ricorrere all'estero [A.O.B. C74]. Ampliando poi il discorso alla situazione in cui versa la Specola in quegli anni, Carlini richiama l'attenzione del Governo su un'altra ragione che lo rende esitante nell'avviare nuovi programmi di osservazione, resi possibili con l'acquisizione di nuovi strumenti: la difficile situazione dell'Osservatorio per scarsità di personale. Vi è in effetti il pericolo che il nuovo apparecchio non venga utilizzato «per la mancanza in cui trovasi il nostro stabilimento d'un astronomo osservatore giovane, sano, indurito alle fatiche, sufficientemente contribuito e non distratto da cure amministrative e dalle gravose occupazioni del pubblico insegnamento.»

Mentre erano in corso questi infruttuosi tentativi, Carlini cerca di sapere se Ignazio Porro è in grado di costruire lo strumento nel suo Institut Téchnomatique in Parigi. Porro lo informa d'aver visto a Greenwich l'apparecchio registratore, che invece manca all'Osservatorio di Parigi, allora diretto da Leverrier. Aggiunse che egli è in grado di costruire apparecchi elettrici per registrare le osservazioni astronomiche ancor più validi di quelli da lui visti a Greenwich. Porro ne propone anzi una versione capace di acquisire i segnali ricevuti da più strumenti astronomici [A.O.B. C138, 29.4.1856]. Purtroppo, per il peggiorare della situazione politica tra Francia ed Austria, la trattativa non ha seguito.

L'«apparecchio americano» permetteva di acquisire sia gli istanti del passaggio di un astro ai fili del micrometro, sia i segnali di tempo forniti da un pendolo. Una penna azionata da un elettromagnete li registra su una striscia di carta, che scorre con moto uniforme. Non è pertanto necessaria la presenza di una seconda persona per scrivere i tempi dei passaggi della stella rilevati dall'osservatore. Si può inoltre collocare il pendolo in un locale termicamente più protetto, anziché nella cupola d'osservazione, migliorandone così la marcia. Significativo è il fatto che, come fa supporre il nome con cui Carlini indica lo strumento, questo primo accenno di automazione nelle misure astronomiche venga dal Nuovo Mondo.

Solo dopo l'unione della Lombardia al Piemonte, pur nel comprensibile disagio iniziale in cui vengono a trovarsi gli astronomi di Brera per le singolari modalità della nomina di Schiaparelli alla Specola, «l'austriacante» Frisiani prega il suo giovane successore, allora a Pulcova, di informarsi se costì sia in corso l'automazione delle misure. A Pulcova si fanno solo le osservazioni meteorologiche necessarie per le misure astronomiche. Il direttore Kuppfer ritiene poi che dove si disponeva di un personale sufficiente, come all'Osservatorio fisico centrale di Russia, gli auto-registratori non siano indispensabili. Egli ritiene poco precisi i registratori meccanici, quali quelli utilizzati a Monaco, a differenza dei fotografici in uso a Greenwich. Questi ultimi strumenti non possono essere utilizzati in Pulcova perché ivi mancava il gaz-luce. Tuttavia, aggiunge Schiaparelli, è indispensabile installarli a Milano, «dove da sì lungo tempo si fanno regolari osservazioni meteorologiche, e donde usciron quasi le sole osservazioni magnetiche di qualche conto, che mai si facessero in Italia, per quanto mi sia noto.»

A Pulcova nessuno pensa ad acquisire i registratori elettrici di passaggi stellari, anche perché, secondo Kuppfer, le esperienze in corso sia ad Altona che a Greenwich non sono del tutto soddisfacenti. Schiaparelli sostiene poi con Frisiani che, tenendo conto anche di altre fonti di errore sempre presenti negli strumenti astrometrici, era esiguo il guadagno in precisione ottenibile con l'acquisizione automatica degli istanti dei passaggi [C140, 16.3.1860].

Un'altra possibile soluzione si presenta poco dopo. Nell'agosto del '63 lo svizzero Hipp, di Neuchatel, costruttore di telegrafi e orologi elettrici, propone al presidente dell'Istituto Lombardo di sperimentare alcuni orologi elettrici per distribuire l'ora a Milano e di affidarne il collaudo Osservatorio di Brera. Schiaparelli s'informa con Hipp anche su un possibile registratore elettrico di grandezze meteorologiche, come la direzione e l'intensità del vento e l'umidità relativa. Forse Hipp non costruisce strumenti meteorologici. Comunque fatto negli stessi anni il direttore Schiaparelli acquista «un pluviometro elettrografico di Porro», registrato nell'inventario del 1867 (n. 8, costo L 600).

Solo all'inizio degli anni '70 si ha una prima realizzazione "astronomica", nell'ambito delle operazioni concordate per collegare le reti geodetiche di Austria, Svizzera ed Italia. A Brera si determina la longitudine rispetto a Neuchatel e Ginevra, istituendo per l'occasione la Stazione geodetico-astronomica nell'Orto Botanico. Nelle due operazioni fondamentali, scambio dei segnali di tempo tra le stazioni via telegrafo e determinazione dei tempi locali tramite la registrazione degli istanti dei passaggi stellari, è utilizzato per la prima volta un cronografo costruito da Hipp. Giuseppe Kohlschitter, macchinista di Brera, interfaccia il cronografo col pendolo Arnold, con il quale nella Specola si conservava la scala di tempo locale. Impadronitosi poi della nuova tecnica di trasmissione dei segnali via telegrafo Kohlschitter cura pure i collegamenti con la rete nazionale.

Alla fine dell'Ottocento l'automazione nella raccolta dei dati astronomici fa un ulteriore progresso con l'utilizzo del micrometro impersonale, da poco inventato da Repsold. L'astronomo registra gli istanti dei passaggi stellari ai fili del micrometro senza azionare un interruttore, evitando gli errori derivanti dalla sua "equazione personale".

Pure padre Secchi utilizza il cronografo di Hipp alla Specola del Collegio Romano. A detta poi di Schiaparelli lo strumento, impiegato nelle campagne geodetico-astronomiche fino alla fine dell'Ottocento, assorda col rumore della molla vibrante che controlla la velocità di rotazione del cilindro su cui sono registrati i segnali.

In seguito i macchinisti degli osservatori di Milano (Leonardo Milani) e di Padova (Sante Mioni) costruiscono alcuni cronografi registratori su striscia di carta, a penna o a secco.

Al presente il cronografo di Hipp di Brera è perduto. Si conservano invece cinque cronografi a striscia, utilizzati fino agli anni '30 del Novecento, sia a Milano che a Merate. Quattro strumenti sono a due punte, una punta per registrare i segnali osservati e l'altra i segnali dati dal pendolo. Uno di questi strumenti è costruito da L. Milani nel 1912 (scheda 92), gli altri tre nel 1920 da S. Mioni (schede 86, 87; dov'è il terzo?). Pure del Mioni è il quinto strumento, a quattro [o tre?] punte, costruito nel 1923 per il confronto simultaneo col pendolo fondamentale di due strumenti, sia orologi che micrometri (scheda 91).

Riferimenti: