I SIMBOLI ASTRONOMICI DEI CAMUNI di Adriano Gaspani Sin dal secolo scorso gli studiosi hanno avuto un notevole interesse per i cosiddetti petroglifi, cioe' le incisioni su roccia eseguite da uomini appartenenti al Paleolitico, al Neolitico, all'Eneolitico e via via ad eta' piu' recenti. Magnifici esempi di arte rupestre, termine che e' riduttivo e che andrebbe sostituito con il piu' appropriato "cultura figurativa" si possono osservare in svariate zone del territorio europeo, dalla Scandinavia alla Spagna, con notevolissimi esempi in Svizzera, Francia, Italia. Basti citare il magnifico complesso del Monte Bego, nel sud della Francia, in cui vi sono rappresentati oltre 100.000 simboli, e i petroglifi camuni della Val Camonica, in Italia con oltre 70000 incisioni. Il termine "cultura figurativa" e' piu' appropriato in quanto le figure incise su roccia sono l'espressione si di una vena artistica, ma in maniera piu' importante esse sono derivanti da manifestazioni di culto attribuito agli elementi naturali ed eseguiti dall'uomo protostorico non tanto con intenti puramente artistici, ma piu' probabilmente con fini propiziatori, quindi con finalita' molto piu' pratiche che la pura e semplice vena artistica. I petroglifi rappresentano un reperto estremamente importante per comprendere il pensiero e le concezioni spirituali di quegli uomini e quindi essi possono rappresentare una sorta di anello di congiunzione tra il mondo materiale e quello spirituale. Il mondo materiale era ovviamente rappresentato dagli eventi tipici dalla vita quotidiana, mentre quello spirituale era rappresentato dagli eventi naturali, spesso inspiegabili, e dai fenomeni che poteveno verificarsi nel cielo. Gli eventi astronomici giocarono quindi un ruolo fondamentale nel contesto spirituale e religioso di queste popolazioni. Ovviamente esiste una logica, a noi sconosciuta, con cui gli uomini di quel tempo rappresentarono i loro concetti mediante la loro simbologia. A noi resta attualmente il duplice compito di decifrare il messaggio cosi' crittografato e di tentare di comprendere la chiave con cui questa logica fu codificata. Le scene rappresentate sui petroglifi sono di natura estremamente varia come lo sono gli stili ivi riconoscibili, dipendenti generalmente dal periodo preistorico o protostorico durante i quali essi furono prodotti, ma in ogni caso accanto a scene di facile ricostruzione, come per esempio scene di caccia, pesca, di pastorizia o anche di culto, esistono taluni simboli o associazioni di simboli che attualmente non hanno ancora ricevuto una adeguata interpretazione. Tra questi sono da annoverare i simboli astratti che generalmente vanno sotto il nome di "simboli solari" in quanto dovrebbero rappresentare immagini del Sole in relazione al culto solare, molto diffuso tra le popolazioni di quel tempo. Non tutti i simboli classificati come solari potrebbero pero' riferirsi direttamente al Sole, ma e' molto probabile che la rappresentazione simbolica possa essere stata estesa anche ad altri astri che potevano essere osservati nel cielo: la Luna, le comete, i pianeti visibili ad occhio nudo e le stelle piu' luminose. Cio' e' diretta conseguenza del fatto che una religione animistica doveva obbligatoriamente essere molto attenta ai fenomeni che si verificano nel cielo. Per l'uomo preistorico e protostorico gli eventi celesti erano genuine manifestazioni divine e come tali andavano scrupolosamente osservate ed interpretate. Ad esempio puo' essere considerato il ruolo della Luna per l'uomo protostorico. La presenza della Luna nel cielo poteva rischiarare il cammino a colui che doveva viaggiare, oppure avere un effetto rassicurante contro la paura delle tenebre che sopraggiungevano dopo il tramonto. Le fasi lunari erano un fenomeno talmente evidente che, non poteva passare inosservato, infatti il loro ciclo fu assunto come uno dei primi metodi di scansione e misura del tempo. La nascita di un bimbo, ad esempio, richiedeva mediamente nove cicli di fasi lunari, era quindi importante tenere il conto dei cicli trascorsi, cosa che gia' nel paleolitico avvenne, tanto che esistono delle prove oggettive di questo fatto. Le prove oggettive vennero trovate per la prima volta nel 1960 da Alexander Marshack che fece una interessante ricerca su una serie di ossa incise risalenti al paleolitico. Marshack individuo' su tali ossa delle sequenze di 29 e 30 incisioni, in perfetto accordo con il periodo sinodico lunare, che vale ventinove giorni e mezzo, le quali ricordavano piuttosto chiaramente la forma della Luna nelle varie fasi del suo ciclo. Lo studioso analizzando le immagini incise su ossa, corna di cervidi e su pietre, provenienti da diversi siti europei, in particolare, dalla Francia, dall'Italia, dalla Spagna, dalla Cecoslovacchia e dalla Polonia risalenti al Paleolitico Superiore, quindi cronologicamente collocabili tra circa 35.000 anni e circa 10.000 anni fa, si accorse che la registrazione grafica della sequenza delle fasi lunari era un'attivita' generalizzata su tutto il territorio europeo. Un altro esempio un po' piu' recente e' rappresentato dalla kerbstone SW22 rinvenuta presso il tumulo di Newgrange in Irlanda. Sul monolito, che dovrebbe risalire ad un periodo posto tra il 3700 e il 3500 a.C., sono rappresentate 29 incisioni che si riferiscono chiaramente all'evoluzione della fase lunare lungo un mese sinodico completo. Un altro fenomeno probabilmente rappresentato sui petroglifi potrebbe essere l'apparizione in cielo di una cometa molto luminosa, dotata magari di una coda molto estesa, fenomeno estremamemte inusuale ed inaspettato che poteva affascinare, ma molto piu' probabilmente, terrorizzare gli uomini di quel tempo fino al punto da spingere qualcuno ad esorcizzarlo rappresentandone l'immagine sulla pietra (per inciso anche durante periodi molto piu' vicini a noi, quali ad esempio il Medioevo, le comete erano considerate con una certa preoccupazione). Gli studiosi hanno classificato in un centinaio di categorie la stragrande maggioranza dei simboli rinvenuti sui petroglifi preistorici. In Italia si trovano petroglifi preistorici in Valcamonica, in Liguria e in molte altre localita' dell'arco alpino. In tutti questi luoghi esistono numerose le rappresentazioni simboliche del disco solare. In particolare lungo l'arco alpino possiamo rilevare una nutrita casistica relativa alla simbologia, incisa sulle rocce, di cui si puo' proporre una interpretazione di tipo astronomico, ma non solo di tipo solare. In generale la tipologia che si osserva e' quella di un cerchio che puo' essere o no raggiato e spesso con un punto o una croce al centro oppure una spirale. La casistica dei simboli solari non e' pero', come vedremo, cosi' limitata. Infatti prendendo in esame solamente i petroglifi presenti nelle Valle Camonica, abitata anticamente dalla popolazione dei Camuni, si possono riconoscere 22 tipi diversi di simboli di questo genere. Non dobbiamo comunque limitarci ad una visione statica, infatti non solo dovette esistere la tendenza a raffigurare l'"oggetto" cioe' l'astro osservato, ma sembra si possano trovare esempi di tentativi di registrare delle sequenze temporali di avvenimenti, quali ad esempio l'evolversi di una eclisse di Sole, mediante rappresentazioni di piu' simboli solari vicini. In questo caso rileviamo un fatto molto importante e cioe' il tentativo di dare una rappresentazione all'evolversi di un fenomeno e non solo al puro aspetto apparente di esso. La dimensione "tempo" venne quindi ad assumere un significato molto importante per gli artisti che tracciavano le figure sulla pietra, tanto da spingerli al tentativo di rappresentarla. Alcuni esempi interessantissimi di questo fatto si possono osservare sulle raffigurazioni della roccia di Seraldina, presso Capodiponte in Valcamonica, su alcune roccie situate nella zona di Boario e sulla roccia del "Coren delle Fate" a Sonico in cui appaiono incisioni ottenute sia durante il Neo-Eneolitico che l'eta del Bronzo che l'eta' del Ferro. Su questa roccia oltre a figure di tipo planimetrico appaiono decine di simboli solari di vario tipo e dimensione che sembrano essere disposti seguendo una logica tutt'altro che casuale o dettata dall'estro dell'artista in quel momento. Il "Coren delle Fate" sembrerebbe, in quest'ottica, una tavola su cui sono riportate graficamente le registrazioni dei fenomeni astronomici accaduti su un intervallo di tempo di circa 2000 anni e osservati in Valcamonica. Se questo e' vero dobbiamo ammettere che esisteva presso i Camuni una spiccata sensibilita' verso i fenomeni astronomici, la loro osservazione e la loro registrazione. La cosa non ci deve stupire in quanto praticamente tutte le popolazioni preistoriche che si sono succedute sul pianeta furono molto attente al cielo e ai suoi fenomeni. E' interessante notare che le rappresentazioni solari, sui graffiti camuni, si dividono, grosso modo in due categorie. La prima e' quella in cui il disco solare viene rappresentato in maniera simmetrica. In questo caso si potrebbe pensare che l'oggetto rappresentato sia effettivamente il Sole o la Luna o entrambi durante un'eclisse. La seconda casistica riguarda le rappresentazioni di tipo asimmetrico in cui al disco solare e' aggiunto uno o piu' prolungamenti da uno o piu' lati, cioe' uno o piu' "raggi". Una spiegazione possibile e' che l'oggetto rappresentato non fosse il Sole o la Luna, ma un altro corpo celeste il quale doveva mostrare proprio l'aspetto rappresentato dall'artista camuno, o perlomeno qualcosa di molto simile. Affinche' un artista primitivo fosse colpito da una manifestazione celeste fino al punto da essere spinto a rappresentarla in modo permanente sulla roccia e' necessario che essa soddisfasse tre requisiti. Il primo e' che l'oggetto doveva essere molto appariscente e ben visibile ad occhio nudo; il secondo requisito riguarda il fatto che esso avrebbe dovuto essere inusuale, cioe' non corrispondere a qualche evento celeste frequentemente osservato e quindi privo di quella novita' che indurrebbe alla registrazione e ultimo requisito avere un certo grado di straordinarieta' unito ad un possibile significato dal punto di vista cultuale. Il terzo requisito, quello relativo al grado di straordinarieta', viene ad essere in rapporto con il culto e il divino cioe' deve essere tale da poter essere attribuibile ad una imponente manifestazione divina. Ragionando da un punto di vista strettamente astronomico e' naturale ammettere che fenomeni che potrebbero soddisfare tutti questi requisiti potrebbero essere, ad esempio, i passaggi delle comete luminose, le eclissi di Sole e di Luna, l'apparizione nel cielo di stelle novae e supernovae, la caduta di meteore e bolidi particolarmente brillanti e appariscenti. Studiando la grande quantita' di petroglifi camuni presenti in Valcamonica e in Valtellina alla ricerca della simbologia astronomicamente significativa ci si imbatte inevitabilmente con una serie di simboli, ritenuti di ispirazione teomorfa, cioe' legati alla rappresentazione della divinita', i quali molto probabilmente non rappresentano altro che diverse versioni dello stesso disegno fondamentale che appare nella sua versione piu' rozza e semplificata, e quindi probabilmente anche la prima ad essere stata cronologicamente tracciata, sulla Roccia del Sole, presso il Capitello dei due Pini nella localita' di Paspardo. Questa grande roccia riporta alcuni simboli, che sembrerebbero connessi piu' all'osservazione del cielo che ad eventi di vita quotidiana, i quali sono rappresentati generalmente da coppelle raggruppate in maniera molto significativa, frammiste a figure umane con le braccia aperte (oranti), qualche alabarda e qualche figura di animale, ma soprattutto un oggetto formato da una serie di tre dischi concentrici da cui emergono tre serie di raggi divergenti orientati verso il basso. Accanto alla serie di dischi concentrici si osservano due piccoli cerchi, uno per lato, e poco piu' in alto a sinistra, un grosso disco interamente picchiettato, forse l'immagine della Luna. La roccia risale alla fase A del periodo III della cultura Camuna e quindi e' databile circa tra il 3200 a.C e il 2500 a.C. pressappoco all'inizio dell'arte monumentale camuna in cui si osservano le tipiche composizioni stilizzate. L'incertezza sulla datazione della Roccia di Paspardo pero' e' di oltre, mezzo millennio. Questo valore e' tale da rendere molto problematico, in linea di principio qualsiasi tentativo di identificazione del possibile fenomeno astronomico a cui la rappresentazione si potrebbe riferire. Questo simbolo appare raffigurato su almeno altri nove reperti i quali sono esclusivamente massi incisi e rocce-steli rinvenute in Valcamonica e in Valtellina che e' geograficamente comunicante con quest'ultima. L'analisi delle immagini rilevate sui 10 reperti e' stata eseguita mediante raffinate tecniche di "pattern processing" in modo da calcolare matematicamente il grado di correlazione incrociata (cross correlation) tra le varie configurazioni. I risultati ottenuti mostrano chiaramente due fatti degni di interesse. Il primo e' che tutti i 10 simboli sono altamente correlati l'un con l'altro, anche se si rilevano su reperti diversi rinvenuti a svariati chilometri di distanza l'uno dall'altro. Il secondo fatto e' che e' molto probabile che tutti discendano da quello rappresentato sulla roccia di Paspardo, che sembrerebbe essere il piu' antico. Vediamo ora di esaminare i vari reperti e la tipologia del simbolo su essi tracciato; iniziamo dai due Massi trovati a Borno, in Valcamonica. Il Masso di Borno fu scoperto nel 1953 dal geologo A. Pollini ai piedi del "Dos Averta", un'altura locale. Si tratta di un masso di arenaria permiana alto circa 2.3 metri ed inciso sulle quattro facciate. La piu' interessante, in questo momento, risulta essere la faccia numero uno in quanto su di essa in aggiunta a figure di tipo antropomorfo e zoomorfo, armi e ornamenti, compare il simbolo teomorfo a dischi concentrici con tre appendici a forma di coda analogo a quello inciso sulla Roccia del Sole presso il Capitello de Due Pini a Paspardo. In questo caso i due dischi laterali sono disposti in posizione piu' bassa e sono incisi in maniera meno evidente. Il simbolo e' grosso modo simile sia per orientazione che per forma fatta eccezione per le maggiori dimensioni del disco centrale. Sulla parete opposta (faccia 2) del masso N.1 di Borno esiste un'altra rappresentazione solare, ma in questo caso essa e' differente in quanto consiste in un cerchio non raggiato, ma parzialmente immerso in una serie di striature trasversali. In questo caso potrebbe anche trattarsi di una rappresentazione della Luna invece che del Sole. Le due faccie del masso di Borno potrebbero essere quindi ritualmente connesse con i due astri piu' appariscenti visibili nel cielo. Il masso No.2 di Borno fu scoperto nel 1983 da G.F. Rivadossi. Dal punto di vista archeoastronomico esso risulta importante in quanto su di esso appare inciso, oltre alle consuete figure di asce, pugnali e cervidi, nuovamente il simbolo teomorfo. La rappresentazione, in questo caso e' curiosamente capovolta, infatti i "raggi" sono questa volta rivolti verso l'alto, contrariamente a quanto succede per tutti gli altri casi in cui il simbolo e' rappresentato. Occupiamoci ora delle rappresentazioni che e' stato possibile rilevare sulle statue steli situate non piu' in Valcamonica bensi' in Valtellina. Nella localita' di Caven sono state rinvenute tre steli sulle quali e' rappresentato il simbolo teomorfo di cui ci stiamo occupando. Le steli di Caven sono ritenute dagli studiosi essere state rinvenute, negli anni subito dopo il 1940, pressoche' nel luogo della loro giacitura originale. La collocazione cronologica delle steli di Caven e' piazzata all'eta' del Rame. Iniziamo dalla stele di Caven No.1; su di essa sono presenti alcune raffigurazioni che si collegano direttamente alla composizioni monumentali camune con la presenza di figure di asce, alabarde, pugnali e animali. Quello che pero' e' importante per noi ora e' il simbolo teomorfo ivi rappresentato. Infatti il simbolo rappresentato discende direttamente da quello classico rappresentato sulla Roccia del Sole di Paspardo con la differenza che i dischi laterali sono di diametro maggiore, spostati lateralmente verso il basso e, tangente internamente a ciascuno di essi, vi e' tracciato un altro cerchio. Il disco centrale contiene altri due dischi concentrici il piu' interno dei quali e' opaco. La stele No.2 di Caven riporta figurazioni molto simili a quella presenti sulla No.1. In particolare il simbolo teomorfo e' qui presente con tre serie di raggi e con gli usuali due dischi laterali i quali risultano essere spostati un poco verso il basso analogamente a quanto visibile sulla Caven 1, ma in questo caso pero' i due dischi laterali sono puntati nel centro. Anche stele di Caven No.3, mostra inciso il simbolo teomorfo rappresentato con il disco centrale formato da cinque cerchi concentrici da cui si dipartono verticalmente verso il basso tre raggi, mentre ai lati di essa sono rappresentati due dischi vuoti. La stele comprende anche altre incisioni che richiamano motivi decorativi. In questo caso sembrerebbe probabile che sia avvenuta una rielaborazione del simbolo teomorfo il quale pur conservando le caratteristiche originali e' stato elaborato e abbellito con l'aggiunta di decorazioni. In questo caso avremmo una trasposizione simbolica della registrazione di un fenomeno astronomico avvenuto sicuramente molto tempo prima affinche' il ricordo e la rappresentazione di esso avesse avuto il tempo di sedimentare ed evolversi fino allo stadio qui rappresentato. Lateralmente al simbolo teomorfo e' stata incisa anche una coppia di pendagli a doppia spirale ai quali gli studiosi hanno attribuito un ben preciso significato simbolico di matrice solare. Nuovamente in Valtellina, presso la localita' di Cornal gli archeologi hanno rinvenuto una stele su cui risulta presente il simbolo teomorfo in oggetto. Tale simbolo evoluto e trasposto simbolicamente compare anche sulla Stele di Cornal, in cui si rileva nuovamente la presenza del disco centrale composto da alcuni cerchi concentrici, ma solo due in questo caso, munito degli ormai classici tre raggi. Accanto al disco principale appaiono, posizionati sullo stesso asse i due dischi laterali che in questo caso sono piu' marcati assumendo una dimensione approssimativamente pari a quella del disco centrale. Anche su questa stele appare un motivo decorativo sotto il simbolo teomorfo analogo a quello della stele di Caven No.3. Il simbolo teomorfo compare anche su due steli trovate a Valgella, sempre in Valtellina. Sulla Stele di Valgella No.1, l'incisore ha rappresentato nuovamente la testa formata dal disco centrale inciso con quattro cerchi concentrici e tre appendici (raggi) divergenti rivolti verso il basso. Accanto ad esso si possono ritrovare i due dischi laterali disposti anche questa volta uno per lato, ma sullo stesso allineamento rispetto al disco centrale. Anche su questo reperto la trasposizione e' di tipo simbolico e rielaborato in modo analogo a quello posto sulle steli di Caven No.3, e di Cornal. Su questa stele, pero' il simbolo teomorfo appare isolato, privo cioe' dei motivi decorativi che appaiono sulle altre steli citate. Analogamente alla stele No.1 di Valgella, la stele No.2 possiede il simbolo teomorfo trasposto simbolicamente, ma in questo caso, decorato in maniera analoga alla stele di Cornal. La somiglianza tra il simbolo teomorfo rappresentato sulla stele No.2 di Valgella e quello sulla stele di Cornal e' impressionate. Il disco principale in questo caso si differenzia da tutte le altre rappresentazioni disponibili in quanto esso da circolare diventa ovoidale, mentre i dischi laterali rimangono circolari e disposti sullo stesso asse di quello principale. Esaminando i dieci simboli sorge spontaneo e naturale pensare ad una evoluzione nel tempo durante il quale il simbolo teomorfo venne rappresentato. Inizialmente rileviamo una rappresentazione molto grezza quale e' quella visibile sulla Roccia del Sole in localita' Plas di Paspardo (Capitello dei Due Pini). Successivamente rileviamo le rappresentazioni un po' piu' accurate e perfezionate quali quelle rilevabili sui massi di Borno. Successivamente la configurazione sembra evolversi da un semplice disegno geometrico in una trasposizione simbolica molto ricercata e ricca di decorazioni come possiamo rilevare dalle steli valtellinesi. E' possibile che fosse trascorso molto tempo dall'epoca in cui il fenomeno astronomico fu osservato e il periodo in cui i massi di Borno e le steli valtellinesi furono incise. Se questa sequenza cronologica e' corretta si deve ammettere anche che l'idea della rappresentazione si e' diffusa verso nord propagandosi dalla Vacamonica alla confinante Valtellina. Durante il tempo trascorso, il simbolo pur conservando i suoi caratteri essenziali potrebbe essersi evoluto perdendo la caratteristica di possibile rappresentazione fedele di qualcosa di effettivamente osservato in cielo, ma rappresentando ormai simbolicamente qualche entita' divina e quindi vennero aggiunte le decorazioni sia sul simbolo sia sotto di esso. Le steli infatti erano oggetto di culto, prova ne e' il complesso trilitico di Asinino-Anvoia presso Ossimo il quale costituiva, per i Camuni, un importante luogo sacro. Gli archeologi hanno dato di questo simbolo una interpretazione spirituale, cioe' una rappresentazione avulsa dalla cultura materiale. Questa e' sicuramente una interpretazione di tutto rispetto, ma quello che fino ad ora non e' noto e' il perche' della scelta da parte degli incisori dei dieci megaliti di rappresentare proprio quel simbolo, tenendo conto che i megaliti non sono coevi. Un noto e rinomato studioso suggeri' per l'interpretazione del simbolo in questione: "...un simbolo solare posizionato tra due simboli astrali", ma senza fornire alcun riferimento al possibile fenomeno astronomico a cui il simbolo avrebbe potuto riferirsi. A questo punto dobbiamo porci due importanti domande. La prima riguarda la probabilita' che il simbolo teomorfo non sia altro che una rappresentazione del Sole casualmente diversa dai consueti simboli solari raggiati o meno che gli archeologi hanno rilevato tra le incisioni rupestri camune. La seconda domanda riguarda invece la probabilita' che il simbolo in questione possa essere stato rappresentato per 10 volte su 10 reperti differenti, in maniera tale che il grado di correlazione incrociata calcolato e' risultato essere superiore al 80%, solamente a seguito di una combinazione di fattori puramente dovuti al caso, escludendo quindi la deliberata volonta' di rappresentare qualcosa di ben preciso. Per rispondere a queste due domande dobbiamo dapprima tener conto che gli archeologi hanno individuato in Valcamonica ben 22 differenti morfologie di simboli solari, quindi la probabilita' di rilevarne casualmente uno di essi inciso da qualche parte e' inferiore al 5%. La questione e' molto piu' complessa di quanto sembrerebbe a prima vista, infatti la probabilita' che si presentino casualmente 10 simboli i cui pattern siano correlati l'un con l'altro con un valore del coefficente di correlazione incrociata superiore o uguale all'80%, e' difficile da calcolare, ma e' possibile farlo e il risultato e' pari a circa il 0.5%. Dobbiamo quindi ammettere che la somiglianza dei 10 simboli su 10 reperti indipendenti ad un pattern diciamo "medio" tra di essi e' non casuale con il 99.5% di probabilita'. Dobbiamo ora notare un altro fatto interessante e cioe' che il simbolo teomorfo in questione e' tra i 22 rilevati in Val Camonica ed in Valtellina, territori tipici della cultura camuna, il piu' complesso in assoluto. Il grado di complessita' di un pattern e' misurabile calcolando, mediante opportune tecniche matematiche, il cosidetto "spettro di potenza"; piu' l'immagine e' complessa e ricca di particolari e maggiormente ricco sara' il suo spettro di potenza, e se l'immagine e' ricca di particolari fini osserveremo che altrettanto lo sara' la parte di spettro di potenza nelle zone corrispondenti alle altre frequenze spaziali. Dalla complessita' e' possibile passare al grado di entropia della configurazione e quindi alla quantita' di informazione codificata nel pattern in oggetto e alla probabilita' che quella particolare configurazione possa verificarsi. Nel caso del simbolo teomorfo rileviamo che, essendo il piu' complesso tra i 22 sperimentalmente rilevati, esso e' quello di entropia maggiore e quindi anche quello che dovrebbe avere la minor probabilita' di essere osservato. Il fatto che proprio quello sia stato prescelto per essere tracciato sulla sommita' delle steli e sui massi distribuiti geograficamente anche e rilevanti distanze e che capiti una sola volta su una parete di roccia incisa ci fa sospettare che esso abbia rivestito un particolare significato simbolico per le popolazioni camune; rimane ora da cercare di capire il perche' e cosa esso volesse probabilmente significare. Il simbolo tracciato sulla Roccia del Sole di Paspardo risulta essere quello di minor complessita' tra i 10 analizzati, quindi appare molto probabile che quella roccia contenga la rappresentazione piu' fedele, quella piu' antica e quindi cronologicamente piu' prossima all'epoca in cui l'evento astronomico, a cui potrebbe riferirsi, fu visibile nel cielo della Valcamonica, il quale potrebbe quindi essere collocato grosso modo in un intervallo di tempo compreso tra il 3200 e il 2500 a.C. Ragionando dal punto di vista puramente astronomico e' possibile rilevare l'esistenza di un certo numero di fenomeni che potrebbero essere accaduti durante il periodo cronologico in cui i reperti si collocano. Una delle ipotesi possibili prevederebbe che il simbolo teomorfo altro non fosse stato che la rappresentazione di una cometa molto luminosa e con piu' di una coda visibile ad occhio nudo e comparsa inaspettatamente nel cielo poco tempo prima che la Roccia del Sole fosse incisa, nell'epoca in cui la cultura camuna era in pieno sviluppo. La cometa potrebbe essere transitata, all'epoca in cui fu visibile in cielo, tra due stelle luminose le quali potrebbero essere state rappresentate sulla roccia sotto forma di due piccoli cerchi ai lati della testa della cometa. Esiste un esempio, molto piu' recente e riferito al nord Europa, di una situazione analoga. Si tratta di una moneta celtica coniata nel I secolo a.C. dalla popolazione britannica degli Abricatui, sulla quale e' rappresentata l'immagine di una cometa posta tra le stelle Spica e Zeta Virginis, entrambe rappresentate sulla moneta. I Celti Abricatui rappresentarono, sulle loro monete, la cometa proprio nel momento del passaggio tra le due stelle visibili ad occhio nudo, nonostante l'oggetto celeste fosse stato visibile in cielo per molto tempo. Il passaggio tra le due stelle doveva quindi essere di particolare interesse per giustificare una sua rappresentazione sulle monete. Analogamente potrebbe essere accaduto qualcosa di analogo nel caso camuno, il passaggio della cometa tra due stelle potrebbe essere stato ritenuto importante per qualche ragione a noi ovviamente sconosciuta. Osservando la Roccia di Paspardo si nota in vicinanza dell'immagine del simbolo teomorfo la presenza di un disco completamente picchiettato il quale potrebbe rappresentare la Luna prossima al plenilunio. Analizzando la forma del simbolo teomorfo si osservano alcuni fatti molto interessanti tra i quali la rappresentazione tricaudata. Ora le dimensioni del disco picchiettato sono grosso modo le stesse di quelle del disco del simbolo teomorfo, quindi potremmo azzardare l'ipotesi che la testa della cometa visibile ad occhio nudo avesse avuto grosso modo una dimensione forse comparabile con quella della Luna piena, cioe' mezzo grado d'arco. In questo caso pero' le code risulterebbero stranamente corte a meno di ammettere una posizione tale della cometa da essere visibile di scorcio dalla Terra. Ovviamente siamo in presenza di una trasposizione simbolica del possibile oggetto celeste, quindi il rispetto delle dimensioni relative tra le varie componenti del simbolo e il rapporto con la possibile realta' e' una questione completamente arbitraria. La raffigurazione con tre code aperte con un angolo di circa 60 gradi emergenti da una testa rappresentata come un disco centrale circondata da tre cerchi concentrici suggerisce che la cometa doveva possedere un nucleo di tipo stellare, rappresentato dal cerchio piu' piccolo e interno, circondato da un esteso alone rappresentato simbolicamente dai tre circoli concentrici tracciati attorno ad esso. Da questo alone doveva emergere una coda aperta a ventaglio o anche due code, una di polvere e una di gas, che suggerirebbero la rappresentazione simbolica che noi oggi possiamo rilevare sui vari massi e sulle varie steli. Dal punto di vista astrofisico, oggetti cometari con queste caratteristiche sono relativamente comuni, quindi un aspetto come quello rappresentato e' possibile nel caso delle comete molto luminose, come doveva probabilmente essere quella rappresentata. L'ipotesi della cometa appare abbastanza probabile, ma non e' comunque la sola possibile, infatti un'altra possibile spiegazione potrebbe essere connessa alla rappresentazione di un'eclisse di Sole avvenuta a quel tempo, durante la quale, il Sole non completamente occultato dalla Luna avrebbe potuto mostrare una certa luminosita' residua nella sua parte inferiore non eclissata. I due dischi laterali potrebbero essere la rappresentazione di due pianeti prossimi al Sole, per esempio Venere e Mercurio divenuti visibili durante l'eclisse a causa della forte diminuzione della luminosita' del cielo, oppure a due stelle luminose oppure ad un pianeta ed una stella. L'ipotesi dell'eclisse di Sole potrebbe essere avvalorata dal fatto che solamente sulle steli della zona corrispondente alla Valcamonica e alla Valtellina e' rappresentato il simbolo teomorfo in questione. Questo fatto potrebbe suggerire la rappresentazione di un fenomeno astronomico visibile solo localmente in quella zona e non un fenomeno che poteva essere visto su gran parte dell'Europa o dell'emisfero boreale, come sarebbe avvenuto nel caso di una cometa molto luminosa. In linea di principio potrebbe essere possibile calcolare tutte le eclissi solari visibili durante i 700 anni di incertezza sulla collocazione cronologica del simbolo teomorfo rappresentato sulla roccia di Paspardo, ma pur essendo il calcolo astronomico perfettamente fattibile al computer, le conclusioni che si potrebbero trarre risulterebbero affette da un tale grado di incertezza da rendere il lavoro caratterizzato da ben poca utilita' dal punto di vista del grado informazione che potremmo ricavare. E' anche possibile che il fenomeno astronomico rappresentato si riferisca invece ad una congiunzione tra tre pianeti di cui quello posizionato in mezzo alla terna fosse stato il piu' brillante. Le congiunzioni triple sono frequentissime e quindi non solo non e' pensabile di tentare l'identificazione di quella a cui il simbolo potrebbe riferirsi, ma il fatto che siano cosi' frequenti e' tale da escludere il grado di straordinarieta' che il fenomeno doveva avere per colpire l'immaginazione di quegli antichi uomini ed essere quindi rappresentato permanentemente sulla pietra. L'Archeoastronomia e' una scienza in cui non e' difficile trovare delle risposte piu' o meno sensate, ma il vero problema e' formulare le domande giuste. L'ipotesi che il simbolo teomorfo si riferisca ad un fenomeno astronomico e' da ritenersi perfettamente plausibile anche per un'altra ragione che ora verra' esposta. Il fatto che il simbolo in questione si rilevi oggettivamente su dieci diversi reperti prodotti da una singola cultura sviluppatasi in una zona geograficamente ristretta potrebbe anche far pensare che l'immagine che il simbolo traspone simbolicamente potrebbe benissimo appartenere alla sfera terrestre cioe' essere qualcosa di localmente noto e tramandato all'interno della societa' camuna, ma non necessariamente connesso ad un oggetto o ad un evento celeste, ma non e' cosi' e ora vedremo perche'. Nel 1988 durante i lavori di sbancamento eseguiti per ragioni di edilizia residenziale in localita' Braggia, presso Ello, un comune a pochi chilometri ad ovest di Lecco, venne alla luce una consistente quantita' di reperti archeologici risalenti a svariate epoche antiche. Tra i reperti fu dissotterrato un grosso menhir risalente all'Eneolitico recente. Il monolito che e' composto da roccia granitica ed era stato ricavato modellando un masso erratico, presentava, sul lato frontale, traccie di levigatura superficiale prodotta da mano umana e alcuni petroglifi molto interessanti. La scena rappresentata riproduce un disco completamente picchiettato, da cui emergono verso il basso tre raggi, posto in mezzo ad altri due dischi opachi, in parole povere, il simbolo teomorfo che rileviamo sulle rocce camune. Il simbolo e' tracciato all'interno di un cerchio e sotto di esso e' rappresentata una figura umana, rivolta verso il simbolo, in atteggiamento orante; accantro troviamo la rappresentazione della lama di un'ascia sovrapposta a tre pofonde incisioni e sotto di essa, una figura rettangolare frangiata. Osservando la scena si ha l'impressione di un uomo in atteggiamento di preghiera, rivolto verso il cielo in cui campeggia un disco tricaudato posto in mezzo a due altri dischi posti lateralmente. L'interpretazione della scena rappresentata sul menhir di Ello suggerisce gia' di per se, in maniera del tutto naturale, l'idea che l'oggetto simbolizzato fosse stato visibile in alto, nel cielo, quindi un oggetto astronomico, ma c'e' di piu'. Infatti il menhir, pur essendo coevo ai Camuni, non appartiene alla cultura camuna in quanto la zona in cui la localita' di Ello si trova, dista un centinaio di chilometri dalla Valle Camonica. La Valle Camonica e' posta grosso modo ad una cinquantina di chilometri ad est della citta' di Bergamo, in direzione di Brescia, mentre Lecco, presso cui la localita' di Ello si trova, e a circa quaranta chilometri ad ovest di Bergamo, in direzione di Como. Il fatto che il menhir della Braggia di Ello non abbia nulla a che vedere con i Camuni, essendo stato prodotto da una cultura differente, implica che sia da riterersi poco probabile la propagazione dell'informazione relativa al simbolo teomorfo dai Camuni alle popolazioni insediate tra i due rami del Lago di Como. La spiegazione piu' naturale e' quella di ritenere la rappresentazione posta sul menhir di Ello, indipendente da quelle rilevabili sulle steli e sui massi Camuno-Valtellinesi. L'elevatissima similitudine tra il petroglifo sul menhir di Ello e il simbolo rilevabile sulla Roccia del Sole a Paspardo, e poi su tutti gli altri massi esaminati in questo studio, e' spiegabile, a questo punto, solamente ammettendo che il simbolo teomorfo sia la rappresentazione simbolica di qualcosa di straordinario effettivamente osservato nel cielo, visibile quindi anche presso localita' differenti e geograficamente lontane tra loro. A questo va aggiunto che il simbolo rappresentato e' identico sia in Valcamonica che nel Lecchese, il che significa che uomini geograficamente lontani tra loro e dotati di bagaglio culturale differente lo rappresentarono in maniera praticamente identica; la spiegazione piu' probabile di questo fatto e' che tutti avessero visto la stessa cosa, nel cielo, la quale a questo punto aderisce con maggior probabilita' all'ipotesi della cometa molto luminosa transitata tra due astri visibili ad occhio nudo.