Il Sole era ormai giunto alla fine della sua vita: la luce da lui prodotta non arrivava più neanche al pianeta Terra e nel Sistema Solare iniziava ad avvertirsi un certo senso di ansia. I pianeti più grandi, Giove e Saturno, avevano atteso con grande ansia questo momento perché, a parer loro, sarebbe stato uno di loro a prendere il posto del Sole una volta che quest’ultimo se ne fosse andato per sempre. I pianeti più piccoli, invece, non pensavano a chi avrebbe preso il posto del Sole, ma si preoccupavano di fargli arrivare tutti i medicinali di cui aveva bisogno.
Passarono giorni che sembravano non finire mai, sospesi tra la speranza e l’angoscia: tra chi vegliava sul Sole ormai in fin di vita e chi invece, voltato l’angolo, lo tradiva non vedendo l’ora che morisse.
Ormai anche lo stesso Sole non sapeva più se preferire morire o restare in vita; ma forse, come per tutte le cose, dipende da dove le guardi.
Ma niente rimane uguale; tutto, prima o poi, che ci piaccia o no, subisce delle variazioni, forse a causa del tempo che passa o forse a causa di chissà quali altre forze che noi non siamo in grado di controllare.
Si può forse parlare di destino? Tutto dipende dal fatto se uno ci crede o no e quindi, ancora una volta, da dove uno si ferma ad osservare una cosa.
Il Sole morì poco tempo dopo, lasciando nel Sistema Solare una grande confusione.
Il caos regnava sovrano: Giove e Saturno pretendevano che gli altri pianeti iniziassero a girare intorno a loro; gli altri pianeti, non sapendo chi scegliere, spesso si scontravano tra di loro.
Tutti i pianeti si resero presto conto che non avrebbero potuto andare avanti in quel modo per molto tempo, e stabilirono così di convocare una riunione per valutare la situazione e decidere come agire.
I pianeti smisero di ruotare e si riunirono tutti per discutere.
Giove e Saturno pensavano toccasse a uno dei pianeti più grandi prendere il posto del Sole; ma Marte fece subito notare loro che l’intelligenza di un pianeta non è legata alla sua grandezza.
C’era chi pensava, poi, che toccasse a chi era stato più amico del Sole prendere il suo posto…
Insomma, i pianeti non riuscirono a mettersi d’accordo e decisero allora di fare una gara; chi l’avesse vinta avrebbe preso il posto del Sole.
Come giudice di gara venne chiamata un’anziana cometa che aveva la fama di essere molto saggia.
Vennero preparate delle domande a cui ogni pianeta avrebbe dovuto rispondere; chi avrebbe fatto il maggior numero di risposte giuste si sarebbe aggiudicato la gara.
Pochi attimi, e i pianeti erano tutti riuniti per dare inizio alla gara: ognuno aveva con sé il foglio delle domande.
La prima richiedeva la risoluzione di un calcolo matematico:
27+13=……
La seconda era invece una domanda che potrebbe apparire un po’ stupida, ma della quale in seguito verrà spiegato il significato:
In che anno ci troviamo?
E così via altre domande…
I pianeti erano tutti impegnati a pensare e a rispondere e, per la prima volta dopo la morte del Sole, il silenzio regnò sovrano nel Sistema Solare.
I pianeti finirono di rispondere e consegnarono i fogli alla cometa che li avrebbe corretti di lì a poco.
Era tornata ora una grande confusione: i pianeti erano ansiosi di conoscere l’esito della prova e parlottavano tra di loro confrontando le risposte.
La cometa riconsegnò i fogli ai rispettivi proprietari.
Giove iniziò a ballare tutto contento: sul suo foglio non c’era neanche una correzione! Era sicurissimo di essere stato il migliore e si stupì alquanto vedendo che non era l’unico a ballare felice. Anche Marte aveva un’aria molto soddisfatta. Così, insospettito, Giove decise di andare a vedere che cosa stava succedendo: anche il foglio di Marte non aveva neanche una correzione… Eppure avevano dato risposte completamente diverse!
I pianeti iniziarono a parlare tra di loro, quando la voce della cometa risuonò nello spazio, azzittendo tutte le altre che al confronto sembravano il miagolio di un gattino appena nato.
“C’è una cosa che devo dirvi”, esclamò a gran voce. “Immagino che vi starete chiedendo come mai non ho segnato nessun errore nonostante abbiate dato risposte molto diverse…”, continuò la cometa. “Ebbene, ora ogni dubbio vi verrà chiarito: prendiamo come esempio la prima domanda, la quale chiedeva di eseguire un calcolo, più precisamente 27+13. C’e chi ha scritto che il risultato è 40, c’è chi ha scritto che invece il risultato è 29 e chi ancora che non esiste risultato a questa operazione. Tutto quello che avete scritto è giusto in base a come siete abituati a vedere le cose sul vostro pianeta; posso io dunque, una semplice cometa, dirvi quello che è giusto e quello che invece non lo è? Non posso: è giusto per voi e per voi soltanto, per come siete abituati a vedere le cose; non posso arrivare io e dirvi che da oggi in poi 27+13 farà 40, perché siete abituati a vedere le cose in modo diverso.” I pianeti rimasero stupiti: non ci avevano mai pensato prima.
“Prendiamo ora come esempio la domanda numero due, invece…”, continuò la cometa. “In che anno siete? Bella domanda: in che anno? Tutto dipende da quando avete iniziato a contare gli anni; quindi, anche in questa domanda, come nella precedente, non c’è una risposta giusta e mille altre sbagliate. Il mio compito non era quello di farvi da giudice per la gara; era soltanto fare un favore a un vecchio amico: il Sole. Prima di morire mi chiese di spiegarvi, una volta che lui fosse morto, quello che non era riuscito a farvi capire lui; eccomi qui ora a insegnarvi quello che considero il più grande mistero di tutti i tempi: la differenza tra ciò che è giusto e ciò che invece non lo è. A spiegarvi per quello che è possibile, altrimenti non si chiamerebbe mistero. Il Sole chiamava quello che io chiamo il grande mistero, o in qualunque modo voi lo vogliate chiamare, i diversi modi di pensare.”
Pronunciate queste ultime parole, la cometa si allontanò; ma i pianeti videro ancora per molto tempo la sua scia che si portava sempre dietro.
Erano intontiti dalle parole che avevano appena ascoltato; ma da quel giorno iniziarono a vedere ogni cosa secondo punti di vista diversi e scoprirono che non tutto è come appare, ma che la maggior parte delle volte siamo noi a trasformare quello che vediamo. In tutto c’è della luce e del buio: basta imparare a vederli.